venerdì 4 luglio 2014

“DISMISSIONE”, I VERSI SPERIMENTALI DI FABIO ORECCHINI


“DISMISSIONE”, I VERSI SPERIMENTALI DI FABIO ORECCHINI

La strage silenziosa dei morti per amianto

LA SICILIA 27.06.2014

di Grazia Calanna

 

“Nella terra si scava senza sosta // si sprofonda”. Procede tacita la contaminazione dei giorni, “e non c’è nulla che possa fermare / la [ri]produzione dell’ovvio / l’abitudine al male”. Soccombiamo all’ineluttabile “Ragione di Stato”. Siamo “Una generazione postuma[na]”.

Un condensato di versi sperimentali, tratti da “Dismissione” di Fabio Orecchini, Luca Sossella Editore, per un messaggio lapidario: “il benessere è nel sottosuolo / - sottocutaneo - / in superficie / l’enorme camera a gas”. Dismissione nasce - spiega Orecchini -,  da una lunga riflessione politica e filosofica che ha accompagnato la mia ricerca universitaria come antropologo culturale. Decisi di concentrarmi sulla realtà in cui eravamo (era il 2007) e siamo immersi. Tutto era avvelenato e corrotto, dilaniato. Come è potuto accadere mi chiesi, scegliendo di trattare un tema, un nucleo possibile da cui partire e procedere per osmosi di pensiero: il dramma dell’amianto e delle morti ad esso correlate, la strage silenziosa, silenziata, cui stiamo assistendo in questi anni. L’ho definito un processo di “alchimie speculative”: per tutto il novecento l’amianto è stato l’oro “bianco” per grandi e potenti apparati industriali internazionali, l’albedo alchemico di un metallo perfetto perché a basso costo, resistente ad altissime temperature, praticamente eterno, invincibile. Verrà utilizzato in ogni tipo di costruzione: treni, metro, automobili, ministeri, fabbriche, scuole. Sino a scoprirne la nocività contagiosa, la capacità delle sue lamine microscopiche di penetrare il corpo attraverso il respiro, in un processo di incorporazione in cui le stesse bocche diventano simulacri ed icone (ritratte nelle lastre-rx da me disegnate a mano e visibili sul sito internet dell’opera) di una narrazione negata, dell’impossibilità oggettiva, reale - per via della stessa malattia che colpisce per prime proprio le vie respiratorie e l’apparato fonatorio - di dar voce al proprio vissuto, condannando definitivamente tutte queste tragiche esperienze all’oblio della memoria. Per non parlare del silenzio oltraggioso di chi sapeva e taceva, per il bene del capitale”.

Cataratte, «come ortensie giù dai davanzali», ossa screpolate, carni scavate, «Piaga d’attesa l’infinito decubito», corpi dissepolti, sudore, «freddi organi[smi] genitali». “Il tutto Orecchini lo spalma sulla pagina, perché affiori come un relitto, il relitto di un discorso disarticolato, con ogni singolo elemento reso roco, finanche irriproducibile, come il «(punto)» che chiude l’opera stessa - scrive Gabriele Frasca nella postfazione”. Un libro impreziosito dal cd, allegato al libro, a cura del quintetto dei “Pane”, con una suite musicale articolata in sei tracce (sui testi di Orecchini), fiorita, nel paradosso fertile di una storia edificata da silenzi, da bocche deturpate dall’impossibilità di narrare, dall’urgenza febbrile della parola, “depositaria di senso profondo e sfaccettato”.

GRAZIA CALANNA


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